di Vito Bongiorno: Professore associato di linguistica generale, Gaston Berger University, Senegal.
Dalla fine del secolo XIX la lingua inglese indica il concetto di ‘alimentazione elettrica’ attraverso la parola ‘power’. È questo un termine assai ricco di sensi e estensioni metaforiche: i movimenti popolari che rivendicano diritti (‘black power’ nel caso degli afro-americani), una grande quantità di uomini (‘manpower’), l’augurio di buona fortuna (‘power to you’) e il ‘vantaggio nel gioco’ (nello hockey si parla di ‘power play’ quando, in seguito a una sanzione, una squadra ha il permesso di avere più giocatori in campo rispetto all’altra); anche l’aggettivo ‘powerful’ è applicabile a vari contesti: dalla medicina (‘a powerful drug’ è un prodotto efficace) alle entità sociali caratterizzate da politica coercitiva, perlopiù in epoche passate (‘powerful kingdom’). Insita nel significato della parola è la capacità di modificare la realtà, fisica e sociale, evidente in modi diversi anche nei verbi (‘to power’ e to empower’).
Il sostantivo ‘power’ venne usato nel XVI secolo nel significato di ‘capacità di una cosa o agente di modificare altre cose’ e, nelle scienze meccaniche del secolo XVIII, come ‘capacità di effettuare un lavoro’. Più generalmente, grazie alla rivoluzione industriale si è sviluppato il significato di ‘energia disponibile per un lavoro’, come testimoniano varie costruzioni: ‘electric power’, ‘steam power’ (energia derivante dal vapore), ‘wind power’ (energia eolica), ‘nuclear power’. L’aggettivo ‘powerful’ indica, in maniera analoga, la qualità di ‘essere atto a svolgere un lavoro’ se usata in riferimento a uno strumento tipico della società industriale (‘a powerful turbine’).
Molte lingue europee posseggono termini che hanno conservato caratteristiche nel significato e nella forma della parola da cui ‘power’ deriva, il verbo latino volgare ‘potere’ (attraverso il francese ‘pouer’), associabile all’aggettivo ‘potis’ (abile, capace): sono chiari i rapporti tra le parole italiane ‘potente’, ‘impotente’, ‘onnipotente’, ‘potentato’, ‘podestà’, ‘potenza’, ‘potenziare’, ‘plenipotenziario’, ‘potenziometro’ (‘possibile’, ‘possedere’ derivano dalla forma classica di ‘potere’, cioè ‘posse’, a sua volta da ‘potis’ + ‘esse’ = ‘essere capace’). Anche se percettibile con minore chiarezza, la stessa radice è in osPITe, osPITare, osPEDale, osPIZio, parole riconducibili al latino ‘hosPITem’ (accusativo) e ‘hosPES’ (nominativo), risultante da una costruzione che combina due forme (più antiche): *‘ghos(ti)’ (straniero) e *‘pot(i)’ (signore); il primo elemento è evidente nell’inglese ‘guest’, nel tedesco ‘Gast’ (entrambi ‘persona che riceve ospitalità’) e conduce alla parola latina per ‘nemico’: ‘hostis’ (da cui italiano ‘ostile’), all’origine dell’inglese ‘host’ (persona che ospita) attraverso il francese antico ‘hoste’ (da cui anche ‘hostel’ e ‘hotel’). Anche le lingue slave condividono parole costruite a partire da *‘podi’, variante di *‘poti’, in una combinazione simile a quella del latino ‘hospes’, basata sulla giustapposizione a un iniziale *ghos: ‘gosPODar’ e ‘hosPODar’ (‘signore’ nel senso di ‘capo’), ‘gosPODin’ (‘signore’ come termine di rispetto per ‘persona’), ‘gosPOD’ (il Signore) e ‘gosPODarz’ (‘persona che ospita’ e ‘proprietario’, solitamente terriero). Dalla forma indoeuropea ricostruita *‘poti’ è pure il greco ‘desPOTes’ nel significato di ‘accentratore di potere’ (di qui il latino medievale ‘despota’); la forma femminile di ‘desPOTes’ è ‘desPOina’ (signora, regina), da cui deriva il nome proprio Despina, oggi anche appellativo della Madonna. Appartengono alla stessa famiglia etimologica anche il lituano ‘PATis’ (marito), il sanscrito ‘PATih’ (signore, marito) e il persiano ‘PATi’ (signore), che, contratto e in combinazione con ‘scià’ (re), compare nella parola ‘PAscià’, entrata nelle lingue europee dal turco attraverso i contatti con l’impero ottomano.
**
Come frequentemente accade, il mondo dei miti dischiude ulteriori possibilità di ricostruzione: il greco antico *‘potis’ (signore; sposo), risultante in ‘posis’ (/t/ > /s/), è rintracciabile nel nome della divinità POSeidone (in greco anche la variante ‘Poseidaon’). Questa parola è stata analizzata in due modi diversi: secondo alcuni avrebbe il significato di ‘signore delle acque’, con una prima parte, derivante da ‘posis’, e una seconda, ‘done’ (acqua), visibile oggi nel nome DANubio e, con maggiore trasparenza, in DON (il fiume) – il sanscrito ‘DANu’ (fluido, goccia, rugiada) e ‘DHAva’ (scorrere), l’inglese ‘DEW’ (rugiada) e il tedesco ‘TAU’ (rugiada) sono sviluppi della stessa radice nei rami indiano e germanico. Una seconda ipotesi vede l’elemento ‘da’ di ‘Poseidaon’ come forma alternativa del greco ‘ge’ (Terra) e interpreta il nome della divinità come ‘sposo della Terra’ – ‘de’, variante di ‘da’, è forse anche nel nome De-meter (madre Terra).
Coerente con l’etimologia del suo nome, Poseidone presiede ai fenomeni naturali, simboleggiando in particolare la loro forza potenziale: figlio di Crono e di Rea, il signore (dei mari) o il marito (della Terra) è anche un prolifico genitore, sia sposo ufficiale sia amante: discesero dalle sue unioni molti esseri divini, semidivini e umani. Tra i più noti dei suoi figli figurano Tritone (metà uomo metà pesce, rapitore di fanciulle), Polifemo (nemico di Ulisse) e Atlante (condannato a sostenere il Cielo come punizione dopo che gli abitanti del regno di Atlantide, un tempo virtuosi irrigatori e coltivatori di terre, peccarono di avidità e crudeltà, venendo infine sommersi dalle acque). Unico eroe tra i suoi figli fu Teseo, concepito assieme a Etra, buttatasi in mare dopo avere giaciuto nella stessa notte con Egeo, re di Atene (dopo essere divenuto a sua volta re, Teseo dedicò l’istituzione dei giochi istmici a Poseidone, ringraziandolo per avere lasciato attribuire a Egeo la paternità).
La luce negativa che caratterizza molti figli di Poseidone riflette probabilmente l’ostilità di questa divinità verso il proprio fratello, Zeus, e il rapporto di parentela con Ade (altro figlio di Crono). La forza generatrice di Poseidone fa nascere anche specie animali: si ritiene che il cavallo nacque dal battito del caratteristico tridente sulla Terra o dalle onde del mare – tra i soprannomi di Poseidone, considerato l’ideatore dei giochi ippici, vi era quello di ‘Hippios’: ‘(domatore) di cavalli’; il cavallo Areion, inoltre, nacque dall’unione di Demetra con Poseidone (la dea si era trasformata in puledra per sfuggire alla vista del dio dei mari ed era stata ingannata a sua volta da questo, camuffatosi in stallone).
Associato alla potenza cieca della natura e ai suoi aspetti caotici, Poseidone ha la capacità di provocare cataclismi – un suo soprannome era ‘colui che scuote la Terra’ (Enosigeo). L’addensarsi delle nubi e la fecondazione della Terra attraverso la pioggia sono una ulteriore manifestazione della forza imprevedibile (anche sessuale) del re dei mari: venivano rivolte a lui preghiere per scongiurare le tempeste e le siccità dei fiumi erano viste in alcuni miti come una sua vendetta.
**
La disamina dei vari significati di ‘power’, dei rappresentanti di questa parola in lingue diverse dall’inglese e delle storie e leggende costruite attorno a una sua parente etimologica rivelano, forse, che il governare le leggi fisiche e sociali e l’essere in grado di creare nuove realtà rappresentano un (bi)sogno assai urgente degli uomini sapiens, tesi costantemente a migliorare le proprie condizioni materiali; gli stessi dati paiono contemporaneamente celare un incubo: che le forze e le realtà generate dagli umani siano così soverchianti da condurre al caos, alla sofferenza o all’autodistruzione.